Titolo: Halley
Anno: 2012
Regia: Sebastian Hofmann
Paese: Messico
Trama: Beto è morto, e non può più nasconderlo. Si trascina nella sua quotidianità in un corpo ormai spento, in decomposizione. Cerca di restare aggrappato alla vita, perché la sua mente è lucida, ma si ritrova a non-vivere una doppia esistenza e né il make-up né il profumo riescono a nascondere la sua triste condizione. La malinconia di Beto cresce quando realizza che – per citare le parole di un affabile addetto all’obitorio – “il malato diventa la malattia”. Lascia il suo lavoro di guardiano per ritirarsi dal mondo. Ma prima di arrendersi ai confini della sua morte vivente, stringe un’insolita amicizia con Luly che gestisce la palestra dove lui ha sempre lavorato e dove la ricerca della perfetta definizione fisica dei corpi muscolosi si scontra con la sua condizione.
Recensione: Narra le vicende di un guardiano notturno di una palestra di nome Beto, che è morto ma la sua mente è ancora lucida e cerca in tutti i modi di nascondere la sua decomposizione con make-up e trucco.
Un film davvero angosciante, lento e dal forte impatto visivo.
Anche se mi aspettavo gran parte delle scene ce ne sono alcune in particolare che mi hanno davvero colpito. Gli effetti tutti ben curati e una regia che lo è altrettanto lo rendono comunque un film sorprendente.
Non so se anche in questo caso (come in Thanatomorphose) il film voglia fare una metafora con la depressione, o almeno lo spettatore lo deprime eccome, l’empatia con Beto colpisce sicuramente e per citare le parole del film “il malato diventa la malattia”.
Questo sprofondamento nell’oblio continuerà in maniera sempre più evidente fino ad un distacco completo dal mondo.
Non un horror canonico, ma lo avrete capito facilmente dalla mia breve analisi, merita la visione per farvi la vostra personale opinione.