Titolo: Code Blue
Anno: 2011
Regia: Urszula Antoniak
Paese: Paesi Bassi
Trama: Marian, infermiera quarantenne, si è sempre prodigata per assistere nel migliore dei modi i malati ricoverati nel suo reparto. Sovente è stata lei a donare l’ultimo contatto umano ai casi più gravi o ad accompagnarli alla morte per porre fine alle loro sofferenze. Il suo zelo però le è costato grandi rinunce nella vita privata: vive infatti da sola e non ha un compagno. Questo fino a quando il secondo casuale incontro con un uomo di cui non sa nulla la spinge a riscoprire un’intimità, piena di attenzioni. La rinascita delle emozioni sopite comporterà però un alto prezzo da pagare.
Recensione: Adoro i film statici, quelli in cui succede poco e niente per più della metà della durata, poi ti scoppiano in faccia. Code Blue è esattamente questo, un viaggio nella solitudine della nostra protagonista, quasi completamente isolata dal mondo, devota al suo lavoro, gli unici contatti umani che riesce a stabilire sono con i malati terminali che assiste. Per qualche motivo comincia ad uccidere i pazienti ridotti peggio, senza nessuna richiesta da parte loro, qualcuno riesce anche a capire e a cercare di ribellarsi. Ma non è questo l’apice del film, questo sembra totalmente naturale, un semplice compito portato a termine nella sua routine lavorativa. In fondo l’infermiera che sopprime i pazienti è diventata quasi un cliché, tanto nel cinema quanto nella vita reale, tutti gli anni esce fuori qualche notizia su un “angelo della morte”.
Tutto ciò che c’è di sconvolgente nel film succede nel suo privato, anche se di vita non si può davvero parlare. Sembra vivere in maniera totalmente voyeurista, assiste alla sua stessa vita che scorre via. Un uomo però sembra riportarla sulla terra, incontrato prima in videoteca, poi ad una festa, ma di questo non voglio assolutamente parlare, sono le ultime scene del film e sono talmente potenti e dolorose che dovete gustarvele senza un minimo spoiler.
È ovvio che la protagonista sia disperatamente alla ricerca di contatto umano, al punto da conservare un preservativo trovato in campo, in cui era stato perpetrato uno stupro poco prima. L’uso che fa del contenuto del preservativo sarà assolutamente familiare a chi ha visto La Pianista, infatti le due protagoniste hanno in comune gli stessi comportamenti alquanto disgustosi e l’autolesionismo.
Potrebbe annoiarvi durante alcuni momenti, ma vi assicuro che vale assolutamente la pena arrivare al finale, fa davvero male. È davvero un peccato che alle registe della scena indipendente non vengano riconosciuti i loro meriti, ci mettono davvero l’anima in ogni pellicola. Purtroppo il cinema è ancora un ambiente dominato dagli uomini, fortunatamente le cose stanno cambiando anche se molto lentamente.
Stupendo!!!
Grazie mille Horror Pills!!!
Per la serie tristezza e disagio. 🙂