Titolo: Bad Boy Bubby
Anno: 1993
Regia: Rolf de Heer
Paese: Australia, Italia
Trama: Bubby è un bambino imprigionato nel corpo di un uomo trentacinquenne. Nel corso della sua esistenza non è mai uscito di casa perché l’oppressiva e squilibrata madre lo ha convinto che l’aria del mondo esterno è avvelenata. Essendo rinchiuso nelle quattro mura domestiche sporche e fatiscenti, non ha cognizione di cosa significhi vivere: non parla quasi mai (anche perché, tra l’altro, ha un bagaglio lessicale scarsissimo), si nutre solamente di latte con pane e zucchero e, spesso seviziato pesantemente dalla madre, vegeta nel più completo isolamento. Non essendo in grado di ribellarsi a questo trattamento, sfoga tutte le sue frustrazioni su un povero gatto che gli fa compagnia.
Recensione:
“Si immaginino dei prigionieri che siano stati incatenati, fin dall’infanzia, nelle profondità di una caverna. Non solo le membra, ma anche testa e collo sono bloccati, in maniera che gli occhi dei malcapitati possano solo fissare il muro dinanzi a loro.”
In fondo Bad Boy Bubby è questo, un’interpretazione postmoderna del mito della caverna di Platone, dove il nostro povero protagonista, Bubby, vivrà come uno dei prigionieri della caverna, istruito solo dalla madre. Bubby è un uomo adulto, che si comporta come un bambino semplicemente perché la madre non ha mai smesso di trattarlo come tale. Una delle poche gioie del nostro protagonista è giocare con il seno della madre, la quale lo costringe in un rapporto incestuoso, con riferimenti molto forti al complesso di Edipo irrisolto, che lo porterà a cercare in altre donne ciò che vedeva nella madre, nello specifico il seno. Può essere interpretato in svariate maniere, dipende dalla vostra inclinazione filosofica.
La fotografia è notevole, sapendo che ci hanno lavorato ben 32 direttori della fotografia, sicuramente molto suggestiva.
In conclusione Bad Boy Bubby è un film che ti fa sentire sporco mentre lo guardi, sporco e triste.
Recensione approfondita di ShivaProduzioni: