Jane Toppan – Biografia

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Jane Toppan fu una serial killer statunitense molto prolifica, infatti le vittime accertate furono 31. Nacque a Boston nel 1857 con il nome di Honora Kelley da una famiglia molto instabile, infatti dopo la morte della madre per tubercolosi il padre Peter fece internare la figlia maggiore, Nellie in un istituto psichiatrico ed abbandonò le altre due figlie, Honora e Delia, in un orfanotrofio per bambine indigenti. Una leggenda metropolitana racconta che Peter Kelley si cucì le palpebre con ago e filo. Honora cominciò a lavorare come serva dalla famiglia Toppan e prese il loro cognome, sebbene non fosse mai stata adottata dalla famiglia prese il loro cognome e diventò Jane Toppan.

Nel 1885 cominciò ad esercitarsi per diventare infermiera nel Cambridge Hospital per utilizzare i pazienti come cavie umane. Le piaceva sperimentare con la morfina e l’atropina. Drogava i pazienti per sdraiarsi accanto a loro. Si pensa che abbia avuto diversi rapporti sessuali con i pazienti incoscienti. A volte dava delle dosi di atropina superiore ai 10 mg per causare la morte ai pazienti. Alla donna piaceva abbracciare i pazienti mentre andavano spegnendosi per sentire la vita scivolare via. Aveva una strana passione per le autopsie.

Nel 1889 fu raccomandata da due dottori al Massachusetts General Hospital, un ospedale prestigioso. Diventò temporaneamente il capo delle infermiere dopo che il precedente si era assentato. Prima di essere espulsa nell’estate dello stesso anno, avrebbe commesso altri omicidi. Non ricevette la licenza medica, sebbene avesse conseguito il diploma.

Ritornò quindi all’ospedale di Cambridge, ma fu nuovamente allontanata nella primavera del 1890 perché prescriveva oppiacei in modo sbagliato. Dall’estate del 1891 cominciò una carriera fiorente di infermiera privata. Quand’era fuori dall’orario lavorativo, beveva birra e raccontava pettegolezzi. Nel maggio dello stesso anno avvelenò un proprietario terriero di nome Israel Dunham. All’inizio del 1897 uccise la moglie di questo, Lovey Dunham.

Nell’agosto dello stesso anno uccise con una dose di stricnina la sorella Elizabeth Brigham in una casa a Cape Cod (Massachusetts): fu la prima vittima per cui provò odio. Ottenne dal marito Oramel il suo orologio e la sua catenina d’oro fingendo che lei, in punto di morte, glieli avesse donati e poi li vendette come pegno.

Il 29 dicembre avvelenò Mary McNear e apparentemente le rubò dei vestiti: fu la prima vittima che non conosceva personalmente. L’11 febbraio 1900 uccise Myra Conners con della stricnina: la donna occupava un’alta carica in una scuola teologica che Jane desiderava. Fu licenziata da questa carica nel mese di novembre per irregolarità finanziarie; durante questo periodo non commise delitti, poi avvelenò Melvin ed Eliza Beedle senza ucciderli: i due ebbero una malattia gastro-intestinale. In seguito avvelenò Mary Sullivan, la loro governante, senza ucciderla. Aveva intenzione di cacciarla per prendere il suo posto fingendo che il malanno fosse causato dalle sue bevute: il piano funzionò. Verso la fine del giugno 1901 diede un’alta dose di morfina ad una donna di nome Mary “Mattie” Alden, sposata con un anziano chiamato Alden Davis. Nei sette giorni che seguirono continuò a somministrarle del veleno lentamente, fino a mandarla in coma profondo e ucciderla il 5 luglio. Forse il motivo principale che spinse la Toppan a ucciderla era il fatto di doverle dare 500$ di affitto.

Nello stesso mese si spostò con Alden Davis e la sua famiglia nel Cataumet per prendersi cura di lui. Meno di una settimana dopo appiccò un incendio che fu subito domato. Pochi giorni dopo appiccò un secondo incendio nella dispensa e uscì di casa a farsi una passeggiata pomeridiana, come se nulla fosse. Degli amici di Davis notarono il fumo e corsero a spegnere il fuoco. Una settimana più tardi appiccò un terzo incendio che fu spento in tempo. Il 26 luglio avvelenò Genevieve Gorden, la figlia più giovane di Davis. Jane provò a fare passare il delitto come un suicidio con la scusa che lei era molto triste dopo la morte della madre. L’8 agosto, meno di due settimane dopo la morte della figlia, uccise Alden Davis.

Tra il 12 e il 13 agosto uccise la figlia maggiore, Minnie Gibbs. Mentre moriva le mise accanto a lei sul letto il figlio di 10 anni; non si è a conoscenza di eventuali abusi sul figlio. Il 26 agosto tornò a Lowell nella speranza di sposare Oramel Brigham e gli uccise la sorella, la 70enne Edna Bannister, perché pensava che fosse d’impiccio nei suoi piani. Avvelenò anche Oramel senza ucciderlo per provare a lei stessa che era in grado di farlo tornare in salute. Arrivò addirittura ad avvelenarsi con della morfina per evocare la sua simpatia verso la sua stessa condizione, ma il 29 settembre 1901 l’uomo la allontanò. In questo periodo Jane aveva iniziato a bere pesantemente quando non era fuori dall’orario lavorativo.

Dopo la cacciata andò a New Hampshire (a nord del Massachusetts) per visitare una sua vecchia amica, Sarah Nichols. Il 31 agosto 1901 il suocero di Minnie Gibbs, un capitano della polizia, ordinò ad un tossicologo di nome Leonard Wood di svolgere un esame tossicologico sul cadavere di quest’ultima: Jane apprese la notizia da un giornale. Dopo che i corpi furono riesumati, un poliziotto di nome John S. Patterson fu incaricato di tenere sott’occhio Jane. Il risultato dell’esame mostrò che era stata avvelenata. La polizia locale si mise sulle tracce dell’ultima persona sospetta che frequentò da vicino la famiglia: un’infermiera privata di nome Jane Toppan.

Fu arrestata il 26 ottobre 1901 con l’accusa di omicidio e incarcerata nella prigione di Barnstable. L’8 novembre si dichiarò innocente alla corte. Dopo una seduta che si svolse l’11 novembre, il 21 novembre furono riesumati i corpi di Mattie e Alden Davis. Il 6 dicembre le vennero attribuiti ufficialmente 4 delitti ma lei si dichiarò nuovamente innocente. Dal 1902 confessò 11 omicidi. La sua ambizione era di “uccidere più persone – senza possibilità di aiuto – di ogni altro uomo o donna che sia mai vissuto”. Confessò anche di sentirsi eccitata sessualmente nel salvare dei pazienti vicini alla morte per poi ucciderli

Il 31 marzo i giornali annunciarono che degli esperti in psicologia dopo aver visitato Jane l’avevano dichiarata insana. Il 23 giugno, alla fine del processo (della durata di otto ore) che si tenne nella Contea di Barnstable, in 20 minuti di delibera fu dichiarata non colpevole in quanto insana di mente e internata a vita nel Taunton Insane Hospital. Lì sentiva paura di essere avvelenata dalle guardie e le minacciava di “vendicarsi”. Arrivò addirittura a rifiutare di mangiare il cibo. Fece ben presto amicizia con la moglie del carceriere, che la credeva innocente. Con il tempo il suo stato mentale deteriorava; ciononostante non creava problemi. Morì il 17 agosto1938, a 81 anni di età.

Jane fa parte della categoria di serial killer “Angeli della Morte”, i quali sono dei killer atipici, poiché agiscono nell’ambiente ospedaliero. Il nome angelo della morte viene dal soprannome di Josef Mengele, medico nazista già trattato nella pagina. Molti angeli della morte, soprattutto donne, soffrivano (o almeno i loro avvocati hanno cercato di farlo credere per avere l’nfermità mentale) della sindrome di Münchhausen, la quale porta a cercare attenzioni avvelenando i propri pazienti o addirittura i propri figli. Assieme ad alcuni serial killer missionari, gli angeli della morte sono l’unica categoria di assassini seriali le cui vittime non rispecchiano le loro preferenze sessuali, e ciò li rende una categoria sui generis in ambito criminologico. Le loro vittime sono i pazienti con i quali entrano in contatto. Spesso si tratta di persone in cattivo stato di salute, come anziani e malati cronici, oppure deboli, come neonati o bambini. Il modus operandi prevede in genere la somministrazione di farmaci o sostanze tossiche tramite iniezioni.

Pubblicato da Annie

Amante dell'arte, della letteratura e del cinema. Adoro tutti sottogeneri dell'horror, con una spiccata preferenza per i più violenti ed eccessivi, ma difficilmente ne vengo turbata. Sfrutto Jeff quotidianamente per procurarmi la mia dose di horror e lo costringo a vedere cose che darebbero fastidio a qualsiasi essere umano normale. Insofferente a qualsiasi influenza, ho una mia opinione e non ho paura di mostrarla.

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