Titolo: You Were Never Really Here
Anno: 2017
Regia: Lynne Ramsay
Paese: USA
Trama: La figlia di un senatore scompare. Joe, un veterano che ha assistito in guerra a brutalità e torture, si mette sulle sue tracce. Costretto a confrontarsi con un mondo di vendette e corruzione, si ritroverà suo malgrado al centro di una spirale di violenza.
Recensione: Hype a mille per il ritorno della regista di “We Need to Talk About Kevin” che non è stato minimamente deluso. La storia ci narra le gesta di Joe, un veterano di guerra con diversi traumi che non risalgono soltanto alla guerra, ma anche alla sua infanzia. Adesso vive con la madre, vecchia e malata, e lavora come sicario per ritrovare ragazze scomparse, finendo inevitabilmente in affari più grandi di lui tra cospirazioni e tradimenti.
Possiamo subito affermare con fierezza che questo è un film con i cosiddetti controcoglioni. Ogni singolo aspetto, dalle musiche, alla regia e ovviamente alla recitazione del protagonista, è perfetto. Ci si piomba di petto nella trama senza una benchè minima introduzione sapendo solo che la vita di Joe è un casino e presto lo diventerà ancora di più. E’ dunque questo il problema che alcuni di voi avranno durante la visione, ovvero tenere il passo forsennato della narrazione, alternato da momenti lentissimi, esteticamente meravigliosi, ad altri in cui la violenza esplode senza troppi convenevoli. Che ci riusciate o no vi assicuro che a fine visione non potrete che ammettere di aver visto un gran film, magari senza riuscire a spiegarne il motivo a freddo, ma una volta metabolizzato il tutto la spiegazione è molto semplice.
Il film funziona perché è un prodotto intelligente, capace di trainare di peso lo spettatore verso tutti i 90 minuti di pellicola grazie alla performance di Joaquin Phoenix e alla regia originale e dettagliata di Lynne Ramsay. Per farvi capire cosa intendo voglio che pensiate, una volta finito di vedere il film chiaramente, a tutte le scene di violenza presenti. E’ una violenza sporca, spesso eccessiva, adrenalinica, ma anche sapientemente dosata, con inquadrature che la riescono quasi a rendere onirinica e mai con lo scopo di dissetare lo spettatore in cerca di violenza fine a se stessa.
Non mi resta che consigliarvelo caldamente, era personalmente uno dei film più attesi dell’ultimo anno e si è sicuramente già ritagliato un posticino in classifica per il 2018.
La standing ovation di 7 minuti a Cannes è strameritata, soprattutto dopo un finale del genere che toglie il fiato e subito dopo te lo restituisce. Opera magistrale.
scusate ma il link?
non li mettete più?