Titolo: Creep 2
Anno: 2017
Regia: Patrick Brice
Paese: USA
Trama: Josef, all’apparenza un bravo ragazzo, è un killer solitario e psicopatico. Qualcosa però in lui sta cambiando. Ma cosa succede realmente quando a un omicida seriale come lui non piace più uccidere?
Recensione: Creep ha un potenziale enorme e questo film lo conferma, molte delle idee che il regista ci ha proposto anni fa sono potute diventare realtà con questo sequel, a mio parere, riuscitissimo. Certo, l’effetto sorpresa manca, però riesce comunque ad ingannarti e creare quella tensione unica.
La trama è ancora una volta semplicissima, ma allo stesso tempo geniale: il nostro assassino si è scocciato della sua routine, sempre ad uccidere e far filmare il tutto ai poveri malcapitati.
Capite quanto sia frustrante sapere di aver trovato il modus operandi perfetto e continuare ad uccidere in questo modo decine e decine di volte? No? Un briciolo di empatia e che cavolo…
Dunque decide di cambiare leggermente le cose, vuole riprendere il suo suicidio in modo che funga anche da confessione, insomma un’uscita di scena degna di questo nome. Le cose non andranno come inizialmente previsto, o come sapientemente finge di aver previsto.
La recitazione è ancora una volta assurda, siamo trascinati di peso nella vicenda da Mark Duplass in maniera ancora più realistica. Aaron, per quanto mi riguarda, riesce ad ingannare lo spettatore stesso sul suo essere in buona fede.
Posso soltanto storcere il naso sul finale, oppure capire chi non lo ha apprezzato come il suo predecessore, ma la saga non poteva di certo concludersi così, è in lavorazione il terzo e la collaborazione con Netflix non può che essere di buon auspicio. Netflix va a braccetto con queste produzioni low budget dato che può offrire visibilità senza spenderci troppo per produrle.
Nell’olimpo dei migliori serial killer cinematografici dunque, tra Jason e Freddy, c’è Aaron.
In un universo dove i found footage hanno fallito, spuntano questi film pensati in modo che non possano matematicamente fallire e fanno sperare che questo sottogenere abbia ancora molto da dire. Capture Kill Release, Be My Cat e The Poughkeepsie Tapes, che non mi stuferò mai di citare, sono solo alcuni di questi esempi. Si può fare molto, con poco, ovvero la filosofia del cinema indipendente che a noi tanto piace. Non mi stupirebbe conoscere qualche storia simile o addirittura che qualcuno si ispiri alle loro gesta per emularle, questo tipo di metacinema può essere più pericoloso di quanto si possa immaginare.
Insomma, mi era piaciuto più il primo.