Dogville – Scheda Film


Titolo: Dogville

Anno: 2003

Regia: Lars Von Trier

Paese: Danimarca, Norvegia, Svezia, Pesi Bassi


Trama: A Dogville, uno sperduto villaggio delle Montagne Rocciose, arriva la bella Grace. Sulle sue tracce ci sono due spietati killer: grazie all’intercessione di Tom, portavoce della comunità, Grace ottiene ospitalità e protezione a patto che sia disposta a lavorare per il bene comune. Quando gli abitanti di Dogville scoprono che la donna è ricercata, avanzano nei suoi confronti sempre maggiori pretese. Ma lei nasconde un segreto che li farà pentire amaramente…



Recensione: Il rape and revenge definitivo, teatrale lo definirei, uno di quei film che si prendono tutto il tempo necessario per esplodere in grande stile, Von Trier ci ha messo 12 giorni per scriverlo, non da sobrio chiaramente, e credo che a me ce ne vorrebbero di più soltanto per analizzarlo.
Ma tentiamo lo stesso, lo faccio per voi! (Cit.)

Dogville è una cittadina minuscola, con minuscola intendo che le “case” si contano sulle dita della mano, se vi steste chiedendo il perché delle virgolette sappiate che le abitazioni non hanno muri e spesso neanche mobili. Come anche le piante, gli animali… praticamente tutto ciò che fa parte della natura è semplicemente tramutato in un disegno per terra fatto col gesso. Ci arriveremo con calma alla mia intepretazione di questa particolare scelta, proseguiamo con la sinossi.

Grace, interpretata dalla Kidman, arriva a Dogville cercando ospitalità dopo essere scappata da dei gangsters. Gli abitanti all’inizio sono riluttanti, poi decidono che una mano a svolgere certi lavoretti sarebbe comoda in cambio del loro silenzio e protezione.
Ben presto, come si suol dire, si prendono la mano con tutto il braccio, in realtà tutto il corpo visto che diventa l’oggetto sessuale dell’intera città. Grace si tramuta in una vera e propria schiava quando cerca di fuggire e viene scoperta.

Per due ore e mezza di pellicola, nella versione integrale, vediamo un crescendo di sfruttamento da parte di ognuno di loro. Dal più piccolo, al più anziano, ogni abitante finisce per umiliarla e trattarla sempre peggio. Lei ha il ruolo della martire, non si oppone, non potendo nemmeno far nulla, decidendo di sopportare tutto fino alla sua “liberazione”.

A mio parere la scelta di ricreare un’intera città al chiuso simboleggia la chiusura mentale dei cittadini di Dogville, che non hanno praticamente mai influenze esterne ed ogni estraneo viene considerato una minaccia, anche senza senza darlo a vedere inizialmente.
Al contrario invece abbiamo l’assenza di muri, porte e arredamento superfluo, a simboleggiare il fatto che siano tutti a conoscenza di tutto, che nessuno si lasci sfuggire qualche particolare nascosto. Cosa che avviene davvero in quei paesini sperduti tra le valli delle montagne.

Nel film troviamo la Kidman in un ruolo che evidentemente non le appartiene, eppure sembra tutto fatto su misura per lei, la sua reale angoscia in certe scene aiuta molto nella messa in scena. Se andate a cercare curiosità sulla pellicola infatti noterete che la Kidman aveva espresso di essersi trovata malissimo a lavorare con Von Trier e che sarebbe stata la prima e ultima volta. Secondo me Von Trier aveva calcolato tutto.

In definitiva è un film da vedere con il mood giusto per la sua caratteristica lentezza e da guardare mandando l’occhio oltre lo schermo. Di sicuro uno dei lavori più complessi di Von Trier e maestosi pensando alle varie riprese dall’alto dell’intera scenografia che resta impressa dentro allo spettatore.

Pubblicato da Jeff

Creatore del sito, amante del genere horror da numerosi anni, considero il genere molto più esteso rispetto a fantasmi e budella, come potrete notare nei film che posto. Guardo di tutto ma amo in particolar modo il cinema indipendente ed underground. Ho un feticismo estremo per il trash, soprattutto per quello giapponese.

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