Titolo: Elle
Anno: 2016
Regia: Paul Verhoeven
Paese: Francia
Trama: Michèle, donna in carriera, viene aggredita in casa da uno sconosciuto. Rifiutando di dare eccessivo peso all’accaduto, Michèle gestisce i problemi della madre settantacinquenne, del figlio viziato e immaturo, dell’ex marito e dell’amante, con lo stesso gelido e imparziale distacco. Quando però l’assalitore sembra non aver ancora finito con lei, Michèle decide di instaurare con lui una sorta di pericoloso gioco del gatto col topo che finirà presto fuori da ogni controllo.
Recensione: Ricordo una battuta del comico Louie C.K. che, resa politicamente corretta, faceva all’incirca così: “Stavo per fare sesso con una ragazza, all’inizio sembrava molto convinta, poi all’improvviso ha cambiato atteggiamento e mi ha respinto. Il giorno dopo la incontro e mi domanda come mai alla fine non si è fatto più nulla, le rispondo che era evidente che non avesse più voglia. Lei ride e dice che il pericolo la eccita, quindi avrei dovuto continuare anche se avesse fatto di tutto per evitarlo. In pratica dovrei stuprare una ragazza soltanto perché c’è l’ipotesi che le piaccia e stia fingendo di urlare e respingermi.”
Non è una battuta vera e propria, fa ridere il paradosso, ma è più un concetto interessante da analizzare, che ora non faremo perché mi dilungherei troppo. Mi è venuta in mente durante la visione del film perché è proprio questa la sua essenza, uno stupro, un avvenimento orribile, che si trasforma in una sorta di gioco perverso portato avanti dai due fino al tragico epilogo.
La scena iniziale più potente che abbia mai visto, lo stupro, l’anima della pellicola, pochi secondi per formare la trama di un thriller di rara bellezza e teatralità unica.
La protagonista è Isabelle Huppert, abituata ad una certa tipologia di film, come abbiamo potuto notare ne “La Pianista” di Haneke. Quei film dove il dramma si mischia con l’erotico e crea quel connubio malato e perverso che adoro tantissimo nel cinema d’autore, qui Isabelle interpreta nuovamente il ruolo da protagonista a meraviglia e mostra tutto il suo potenziale. Candidature e premi ovunque meritatissimi.
Dopo lo stupro si passa alla ricerca del criminale, una ricerca che si trasforma in una sorta di desiderio, desiderio che ritorni, quasi, che le faccia provare qualcosa di forte nella sua miserabile vita. Una vita che le ha portato grandi successi in ambito lavorativo, ma con una situazione terribile familiare, una vita amorosa frammentata e confusa, e in generale un senso di malessere continuo. Quando scoprirà l’identità dello stupratore il film sembra apparentemente perdere il filo logico, causa ed effetto non collaborano più, non si capisce più cosa voglia realmente “Elle” perché lei stessa non sa più cosa vuole. Il senso di disorientamento che prova lo spettatore prima del finale è voluto, lo si può capire dalla battuta che ho riportato all’inizio, diventa un gioco dove nessuno conosce le regole.
Ogni personaggio è caratterizzato a meraviglia, neanche a dirlo, bastano poche righe di dialogo per avere il quadro della loro situazione mentale. Mi soffermo sulla sceneggiatura che è di una qualità sublime, va a pennello con il ritmo incalzante della narrazione, ricca di dettagli. Gli unici momenti di “pausa” del film sono i flashback, sia ripetuti da più angolazioni, sia immaginari. I cinefili apprezzeranno particolarmente.
Elle è un film di cui si è parlato poco, troppo poco almeno. Potenza visiva che se la gioca con “The Handmaiden” come miglior film drammatico dell’anno passato.
Ottimo film, uno dei migliori di Verhoeven, regista a mio parere sottovalutato.
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