Titolo: L’inquilino del terzo piano
Anno: 1976
Regia: Roman Polansky
Paese: Francia
Trama: Un modesto impiegato di origini polacche, Trelkovski, è in cerca di un appartamento a Parigi. Ne trova uno di una ragazza, Simone Choule, che ha tentato il suicidio gettandosi dalla finestra. Trelkovski si reca all’ospedale dove la ragazza versa in fin di vita. Entrato in possesso della stanza, comincia a essere oggetto di una serie di angherie da parte degli inquilini, quasi tutti anziani e dall’aspetto inquietante.
Recensione: Thriller psicologico con un leggero sottofondo horror, come spesso ci ha mostrato il regista polacco naturalizzato francese basta davvero poco a creare una psicosi che distorce la realtà e craere un profondo orrore nella quotidianità.
Innumerevoli sono le somiglianze che ho notato con Rosemary’s Baby, ad esempio il pessimismo nei rapporti sociali che sfociano in una sfiducia totale verso il prossimo e continue paranoie. Inutile dire che a livello tecnico il film è uno sforzo sovrumano, soltanto il fatto che un regista interpreti il protagonista del suo film e di conseguenza non avendo il dono dell’ubiquità non può stare sia dietro che davanti la macchina da presa… direi che come minimo devi avere tantissimi collaboratori fidati. Stupisce anche che il doppiaggio italiano del personaggio di Polansky sia doppiato stesso da lui, cosa che non c’entra nulla con la recensione, ma è stato bello scoprirlo. In definitiva è un capolavoro che ti trascina in un crescendo d’ansia e tensione, come ogni buon thriller dovrebbe fare, il finale lascia a libere interpretazioni, adoro quella della reincarnazione dei personaggi, ma credo che la più plausibile sia quella della follia scatenata in parte da ansia e in parte dai vicini stronzi. Chi non l’ha ancora visto si penta e corra a recuperare.
* non smettero’ mai di rivederli